neifatti.it
7 luglio 2017
Giuseppe Picciano

 

Secondo alcuni esperti che si sono espressi sull’ennesimo crollo di un palazzo, collassato su se stesso a Torre Annunziata, in provincia d Napoli, nessun evento del genere è mai improvviso. Si dice d’accordo anche Walter Baricchi, membro del Consiglio nazionale degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori e coordinatore del Dipartimento cooperazione, solidarietà e protezione civile: «Naturalmente sul caso specifico non posso pronunciarmi, ma è possibile che si fossero create delle condizioni di vulnerabilità del fabbricato. Se volessimo mettere in ordine la cronologia di ogni immobile, dovremmo ritornare al momento in cui è stato costruito partendo dalla licenza edilizia, dalla professionalità dei costruttori, dalle attività svolte dal condominio finalizzate alla sua manutenzione. Così come accade per le automobili, anche i manufatti vanno tenuti sotto stretto monitoraggio. D’altronde certe regole esistono da fine ‘800».

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Che voi sappiate, a che punto è l’iter di approvazione del fascicolo del fabbricato?

Auspichiamo fortemente che dai disegni o dalle proposte di legge si passi presto nelle aule del Parlamento. Finora l’iter è stato frenato da una serie di ostacoli dannosi e ridicoli al tempo stesso. Qui parliamo di sicurezza e non capiamo le ragioni di tanti ritardi. Tuttavia riscontriamo con piacere che i meccanismi di concertazione si sono rimessi in moto a cominciare dal dibattito politico. Per quel che ci riguarda, cercheremo di accelerare il confronto con le altre professioni tecniche coinvolte e con le quali c’è notevole convergenza. Si potrebbe prendere come forma di incentivo, per esempio, un provvedimento come il Bonus sisma. (...)

 

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Ecco le strade della città cadente dove si può solo aspettare la tragedia. La burocrazia impedisce abbattimenti anche dove la situazione è drammatica

Corriere del Mezzogiorno
9 Luglio 2017
Antonio Irlando

Torre Annunziata Le foto della tragedia di Torre Annunziata hanno mostrato come sfondo del luogo dove sono morte otto persone il lato migliore della città: il rapporto con il mare del golfo di Napoli. Ma la tragedia che ha scosso queste strade e l’intero Paese, ha anche scoperchiato il tema drammatico del degrado e della fragilità di oltre il 70 per cento del patrimonio edilizio, distribuito in tre quartieri della parte antica: «Carceri», «Polveriera» (meglio noto come «Provolera») e «Murattiano». Si parla di fascicolo del fabbricato ma basta raccontare la «città cadente» per rendersi conto che spesso la burocrazia lega le mani anche a chi tenta di evitare tragedie come quella di Rampe Nunziante.

La morte di Giacomo Cuccurullo, architetto, dipendente dell’ufficio tecnico del Comune di Torre Annunziata, finito sotto le macerie della sua casa, crollata in uno dei posti più belli di Torre Annunziata, spazza via senza riserve la retorica dei piani annunciati e mai attuati per il recupero delle zone più degradate.

La frenetica attività quotidiana di Giacomo lo portava a saltare da un luogo all’altro del centro storico di Torre Annunziata per dare risposte a cittadini disperati per i crolli di edifici, distacchi di cornicioni, di mattoni e di pezzi di intonaco. Tutte cose di cui i cittadini sono ancora oggi vittime, insieme al Comune che è chiamato a gestirle, ma di cui sono responsabili unicamente i proprietari inadempienti che non curano la manutenzione dei propri edifici.

Il tema della pericolosità di una parte significativa del patrimonio edilizio (abitativo, commerciale ed ex industriale) oltre che dei quartieri storici (e non solo) di Torre Annunziata è un’emergenza che va affrontata ancor prima di ogni annuncio ad effetto di mirabolanti piani di «riuso urbano». Certo è che per riusare bisogna mettere innanzitutto in sicurezza. Ma per mettere in sicurezza prima dei soldi (tanti) occorre finalizzare bene ed accompagnare, finanziariamente e burocraticamente meglio, le attività edilizie. (...)

 

Due milioni di case a rischio il record in Sicilia e Calabria

la Repubblica 
8  Luglio 2017
Cristina Nadotti

Edifici vecchi, ristrutturati male, collaudati senza verifiche. Non sono soltanto i terremoti a far crollare le case in Italia. Uno dei pericoli maggiori, secondo gli esperti, è l’abitudine di considerare manutenzioni e norme di sicurezza soltanto fastidiosi orpelli burocratici.

Secondo i dati di Confartigianato e Istat, oltre 2 milioni di edifici residenziali in Italia sono in mediocre o cattivo stato di conservazione. È il 16,8 per cento del totale, ma si sale al 21,1 per cento per le case costruite prima del 1981. La Campania, dove c’è stato ieri il crollo con vittime, è tra le regioni con la situazione più critica e il 21,8 per cento delle case a rischio. Peggio fanno Sicilia (26,5 per cento), Calabria (26,2) e Basilicata (22,3). Il Sud si distingue per dati negativi, con situazioni critiche in Molise (21,5), Sardegna (17), Puglia (16,7) e Abruzzo (16,6).

Stanno meglio l’Umbria (10,7 per cento a rischio) dove dopo il terremoto del 1997 molto è stato fatto per eseguire revisioni e manutenzioni, e il Trentino Alto Adige. La regione autonoma ha la quota più bassa d’Italia con l’Umbria, il 10,7 per cento, grazie sia ai piani di edilizia, che hanno puntato molto sul rinnovamento ai fini del risparmio energetico e del rispetto dell’ambiente, sia a controlli puntuali. Rispetto alle situazioni più drammatiche fanno meglio anche la Toscana (11,5), l’Emilia Romagna (12,2), il Friuli- Venezia Giulia (12,5), il Veneto (12,6), la Lombardia (12,8), le Marche (14), la Valle d’Aosta (15,4), il Lazio (15,9) il Piemonte e la Liguria (16,3). A Roma, dove tra gennaio e maggio 2016 ci sono stati due crolli, sul Lungotevere e a Ponte Milvio per fortuna senza vittime, è a rischio il 14,7 per cento degli edifici. Il caso limite è quello di Vibo Valentia, dove il 31,4 per cento degli edifici, cioè oltre 3 case su dieci, sono in pessimo stato. (...)

 

Giacomo, il tecnico dei crolli che voleva risanare tutto travolto con moglie e figlio

Corriere della Sera 
8  Luglio 2017
Fulvio Bufi

Non avesse abitato lì, in quell’attico di via Rampe Nunziante dal quale vedeva il mare e la Costiera sorrentina fino a Punta Campanella, l’architetto Domenico Cuccurullo adesso starebbe esattamente lì, in via Rampe Nunziante, a coordinare i lavori per conto del Comune. Era dirigente dell’ufficio tecnico, e i colleghi lo chiamavano «quello dei crolli», perché qualunque cosa del genere accadesse a Torre Annunziata — il cedimento di un vecchio stabile, uno smottamento del terreno, una frana — era di sua competenza. Andava sui posti, teneva i contatti con i Vigili del fuoco, e se c’era da firmare un’ordinanza di sgombero, oppure di messa in sicurezza sia per edifici privati che pubblici, se ne occupava lui.

Nella sua carriera professionale avrà controllato decine e decine di stabili, e quello che gli mancava era proprio il suo. Però una mezza idea in mente ce l’aveva: diceva che quel palazzo si trovava «in uno dei posti più incantevoli di Torre Annunziata», e che non lo si poteva tenere in quelle condizioni in cui mostrava tutte le rughe dei suoi sessanta e passa anni. Aveva preparato un progetto di manutenzione, sia ordinaria che straordinaria e stava cercando di convincere tutti gli altri condomini a farsi carico con lui del costo dei lavori. Se lo immaginava rinnovato da cima a fondo quello stabile che adesso è un cumulo di macerie che finora hanno restituito soltanto il suo corpo e quelli di sua moglie e suo figlio, ma che ancora imprigionano altre cinque persone.

(...)

 

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