Il Sole 24Ore
19 aprile 2015
Guido Beltramini
C’era una “macchia bianca” al centro dell’indice dei volumi sull’architettura del Novecento. Fra il 1939 e il 1945 si riteneva fosse successo poco o nulla, con i progettisti impegnati a sopravvivere al fronte e la guerra come un’apnea durata sei anni.
Oggi sappiamo che non fu per nulla così, ma che la Seconda Guerra Mondiale fu un periodo decisivo per l’architettura del Novecento, un incubatore o meglio un detonatore di pratiche, politiche e tecnologie che cambiarono per sempre lo scenario della professione.
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L’affresco di questo scenario fino a oggi inedito, insieme potente e minuto, è il frutto di un eccezionale lavoro di ricerca sviluppato in anni da Jean-Louis Cohen, professore all’ Institute of Fine Arts della New York University. È facile prevedere che avrà effetti tellurici sulla storiografia dell’architettura del Novecento. Cohen, capace di parlare correntemente sei o sette lingue – fra le quali un ottimo russo – ha costruito un progetto storico in una prospettiva per nulla eurocentrica ma capace di guardare ai teatri di guerra di quattro continenti, dominando una bibliografia poliglotta.
L’esito è un fondamentale volume e una mostra Architettura in uniforme. Progettare e costruire durante la Seconda Guerra Mondiale, che si è aperta al Canadian Centre for architecture di Montreal, per poi essere presentata alla Cité de l’Architecture et du patrimoine di Parigi, e approdare – integrata con materiali inediti – al Maxxi di Roma dove si potrà visitare fino al 3 maggio 2015.
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