la Repubblica
29 luglio 2017
Francesco Merlo

Il contrario della città — dice — non è la campagna, ma il deserto. La campagna è ancora città. L’intera Europa è una grande città. E la città è ancora il destino dell’uomo. Il deserto invece genera mostri. L’Islam feroce è quello del deserto, dei demoni, degli scorpioni e dei serpenti raccontati nella Bibbia, nei Vangeli, e anche nel Corano. E in fondo Trump, forzando il concetto solo un po’, non ha vinto nelle città, ma nel deserto americano». E però una città può passare attraverso catastrofi e medioevi etici ed estetici.

«La città ha bisogno di competenze e di amore, altrimenti, come sta avvenendo in qualche parte d’Italia, si degrada; va in malora lo stare insieme: diventano peggiori gli uomini e anche gli animali». I gabbiani, per esempio, a Roma sono topi con le ali. (...) «E invece qui a Genova i gabbiani diventano belli in modo speciale, quasi come l’albatro di Baudelaire, perché noi li vediamo volare da sopra, noi siamo abituati a guardare il loro volo dall’alto».

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A Piano non piacciono le fughe nella nostalgia, del genere «com’era bella Genova cinquant’anni fa». La nostalgia gli pare infatti «una reazione nevrotica alla realtà, un tic reazionario». Della Genova di oggi gli piace per esempio che abbia «saputo difendersi dal turismo di massa che ammorba tante bellissime città, a cominciare da Venezia. Genova invece ha un turismo colto, senza troppi ciabattoni e spacciatori di souvenir. E il suo mare non è balneare: è il porto che governa l’acqua».

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Si farà questo Blue Print? «Credo di sì. Ne stiamo discutendo». Con la destra? «Ho fatto il Beaubourg, il museo contro i musei, per volontà di Georges Pompidou che era di destra. E straordinaria era anche sua moglie, Madame Claude: a Pierre Boulez, che con Parigi aveva litigato, disse: “Se lei torna, le mettiamo su un istituto di ricerca musicale ». E nacque l’Ircam, nel 1974».

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