Il Sole 24Ore
20 dicembre 2017
Federica Micardi
L’equo compenso diventa più vincolante. Con un emendamento presentato alla legge di Bilancio da Nunzia De Girolamo (Forza Italia) e appoggiato, tra gli altri, da Chiara Gribaudo (responsabile Pd per il lavoro) è stata modificata, a vantaggio dei professionisti, la norma sull’equo compenso contenuta nel Dl fiscale.
Il riferimento ai parametri passa da «tener conto» a «conforme»; viene poi eliminata la possibilità di “trattare” su alcune clausole vessatorie e viene tolto il limite temporale dei 24 mesi per proporre l’azione di nullità (si veda l’altro articolo in pagina).
Le professioni sono soddisfatte del testo uscito oggi dal voto della commissione Bilancio della Camera, anche se la strada ora non è tutta in discesa.
Che cosa prevede la nuova legge sull’equo compenso? Quali sono le novità in arrivo con la legge di bilancio?
Prevede una doppia tutela. I professionisti hanno diritto a un equo compenso nei rapporti con i clienti «forti» (grandi imprese, banche, assicurazioni e Pa) e devono essere presenrvati da clausole vessatorie nel contratto che regola tali rapporti. Con la legge di Bilancio si rafforza il peso dei parametri fissati dai ministeri vigilanti e si cancella la norma che fissa in due anni dalla sottoscrizione il termine per chiedere la nullità delle clausole al giudice.
La nuova disciplina sull’equo compenso si applica anche ai contratti in essere o vale solo per quelli futuri?
La norma di tutela dell’equo compenso si applica anche ai contratti in essere ad eccezione di quelli sottoscritti con la pubblica amministrazione. Il testo della norma (che modifica la legge forense) prevede infatti espressamente che per la Pa le nuove regole riguardano i contratti che saranno sottoscritti a partire dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto fiscale (decreto legge 148/2017) vale a dire dal 6 dicembre scorso.
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Quasi un ritorno alle tariffe minime
L’analisi di Giuliano Fonderico
Il legislatore si appresta a modificare l’equo compenso a due settimane dalla sua introduzione. Gli interventi sono pochi ma mirati e per lo più irrigidiscono la disciplina. L’emendamento prevede che l’equo compenso dei professionisti sia quello «conforme» ai parametri ministeriali sui compensi professionali. Nel testo attuale occorre solo «tenere conto» di questi parametri. La modifica dovrebbe rendere sostanzialmente vincolanti i parametri ministeriali, un ritorno alle tariffe minime per lo meno nelle convenzioni predisposte unilateralmente da banche, assicurazioni e grandi imprese. Gli effetti, tuttavia, potrebbero interessare anche le Pa. In base alla legge, esse sono tenute a garantire il «principio dell’equo compenso», che a questo punto porterebbe con sé il legame più stretto con i parametri ministeriali. Resterebbero fuori solo i contratti con i privati e le piccole e medie imprese. (...)