Corriere del Mezzogiorno.it

27 novembre 2014

 

Hanno deciso di staccare in maniera simbolica, ma significativa, gli interruttori dei loro studi per denunciare quanto la crisi li abbia messi in ginocchio fino al punto da far precipitare molti di loro in un terribile baratro di debiti e preoccupazioni dal quale non riescono a risalire. Sono gli architetti di Catania, che aderendo alla manifestazione nazionale dei sindacati degli Edili, hanno deciso di mandare in "black out" gli uffici etnei, seguiti anche da Agronomi, Geometri e dagli esponenti dell'Inarsind Sicilia e Catania. Hanno denominato la loro manifestazione "Day Off: io spengo lo studio", per rispondere al black out dell'economia, con un gesto simbolico, un'azione di protesta, volta a sensibilizzare le coscienze, a scuotere l'opinione pubblica dal torpore dell'immobilismo istituzionale.

Drammatici i numeri che riguardano gli architetti catanesi: il reddito medio di questi professionisti nel 2013 si è attestato attorno ai 17mila euro l'anno, facendo registrare un calo di più del 40% rispetto al 2008, ultimo anno nel quale avrebbero potuto definire il loro salario medio dignitoso.

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Buio pesto dunque, negli studi professionali di Catania e provincia, almeno per un giorno per manifestare con forza e per puntare i riflettori sui diritti delle categorie coinvolte. «Non basterà di certo solo quest'azione di protesta per risolvere i problemi - commenta il presidente degli Architetti etnei, Giuseppe Scannella - tuttavia in quanto rappresentanti istituzionali, delegati dai nostri colleghi, abbiamo il dovere morale di far presente la gravissima situazione in cui il mondo delle professioni tecniche si trova. L'idea di staccare gli interruttori, ha un grande valore simbolico per spiegare come senza i professionisti l'economia non potrà mai essere veramente rilanciata. Chiediamo attenzione per i nostri problemi e i temi che da anni solleviamo. Le amministrazioni che si sono susseguite non ci hanno ascoltato, anzi spesso ci hanno liquidato con premura. Siamo pronti a protestare anche in maniera plateale, se non si aprirà un dialogo importante con le istituzioni per far ripartire l'edilizia pubblica».

 

 

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