Il Sole 24 Ore
25 gennaio 2015
Guido Beltramini

 

Perché qualcuno dovrebbe andare a Vicenza per vedere una mostra intorno a un semplice foglio di carta, sul quale più di cinquecento anni fa sono stati tracciati sinuosi segni in lapis rosso? Perché quel disegno è - definizione enfatica ma efficace - il tracciato del Big Bang dell’architettura rinascimentale. È il foglio oggi conosciuto come Uffizi 20A, su cui Donato Bramante ha progettato la basilica di San Pietro a Roma, l’edificio che per concezione e dimensioni marca la nascita, o meglio la ri-nascita di una nuova architettura basata sulla grandiosa tradizione romana antica, e che fornirà al committente Giulio II e ai suoi successori la piattaforma per una secolare egemonia culturale.

Disegnando sopra la planimetria della precedente basilica costantiniana, Bramante si immagina una cupola grande come quella del Pantheon. Per sostenerla, in un crescendo creativo sviluppa degli enormi piloni che mandano in soffitta l’idea di spazio delimitato da pareti rettilinee tese fra elementi verticali, concependone uno inedito, a partire non dai pieni ma dai vuoti.

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