Il Sole 24Ore 
20 settembre 2015
Flavia Foradini

 

Oggi è una delle strade più frequentate della capitale austriaca: la percorrono frotte di turisti e file di auto, vi sferragliano i patriottici tram bianchi e rossi, vi incedono le carrozzelle dei Fiaker, vi sfrecciano ciclisti e vi passeggiano autoctoni e stranieri. La Ringstrasse, che con un ampio anello alberato cinge il centro storico, ed è dunque la prima e più importante circonvallazione cittadina, è tuttavia anche il simbolo più pregnante della trasformazione urbanistica e architettonica di Vienna fra Ottocento e Novecento, ed è un esempio di come una città possa riuscire a rifondarsi e inaugurare un nuovo fertile futuro. 

Sulla Ringstrasse (o Ring, come dicono i viennesi) si affacciano molti dei più importanti edifici pubblici della metropoli danubiana: il parlamento e il municipio, l’università e molti musei, l’Opera di Stato e il Burgtheater, la Borsa. Tutte costruzioni realizzate via via nell’arco di oltre 50 anni, in un affastellamento di stili rivisitati, che all’epoca fece gridare all’obbrobrio molti intellettuali di spicco, fra cui Hermann Broch, che definì Vienna non la capitale dell’arte, bensì della decorazione, o Hermann Bahr, che denigrò la Ringstrasse come «insulso ballo architettonico». 

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Già con l’arrivo della primavera si cominciarono i lavori, che in turni anche di 18 ore al giorno, avrebbero presto lasciato libera una vasta striscia anche di 300 metri di larghezza, lungo un anello di 5,3 chilometri: una meravigliosa promessa per architetti, geometri, capomastri, muratori, per produttori di materiali edili, per designer e commercianti di mobili e tappezzerie, per agenti immobiliari e affaristi di ogni tipo, per ricchi vecchi e nuovi in cerca di una dimora rappresentativa in prima fila, per maestranze e braccianti in cerca di lavoro. Una gioiosa distruzione del passato, che ispirò a Johann Strauss Figlio la frizzante «Demolirer Polka». 

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