Il Sole 24Ore 
8 novembre 2015
Fulvio Irace

 

Il 4 dicembre 1966, a un mese esatto dalla terribile alluvione che mise in ginocchio Firenze, alla galleria d’arte Jolly di Pistoia si inaugurò la mostra «Superarchitettura». Vi esponevano un gruppo di giovani architetti, compagni di università - Archizoom e Superstudio – e nonostante il suo principale animatore, Adolfo Natalini, la ricordi ancora come una «barracconata, ma allegra e divertente», la mostra si rivelò, alla lontana, come un vero tsunami. Per qualche tempo, infatti, Firenze non fu più solo la città di Brunelleschi ma si scoprì epicentro di una rivoluzione consacrata nel 1972 al MoMA di New York nella mostra «Italy: the new domestic landscape». 

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Ma in che consisteva questa rivoluzione di Superstudio che ora viene riproposta da una mostra (con catalogo) e da un libro a testimonianza dello sguardo più fresco e meno ideologico con cui i “nuovi” giovani riescono a leggere i loro lontani predecessori? Non tanto nell’assemblage di mobili e oggetti colorati e inusuali della mitica esposizione di Pistoia, quanto nella produzione immediatamente successiva con cui Superstudio si impose sulla scena internazionale, bypassando l’interesse distratto delle eminenze culturali e politiche di allora.

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