Corriere della Sera - Milano
27 marzo 2016
Marco Romano

 

La bellezza di una città è l’esito dell’esercizio quotidiano dei suoi cittadini, un esercizio che concerne prima di tutto l’interno della nostra casa, la disposizione delle sue stanze e dei muri, la curiosità dei suoi arredi e dei quadri, un esercizio che tuttavia richiede la massima libertà creativa, perché è proprio questa libertà che ci ha dato la varietà dei cortili milanesi e gli affreschi di palazzo Borromeo. Solo che questa libertà è ingessata dalle norme del regolamento edilizio che prescrive l’altezza dei locali, il desiderio di un soppalco, la dimensione delle stanze, dei corridoi e delle porte e quant’altro che oggi chiunque è in grado di giudicare quanto gli convengano: norme che dunque dovrebbero venire abolite. La medesima libertà dovrebbe concernere anche le facciate delle case: anche la commissione edilizia dovrebbe venire abolita, tutti i progetti nuovi — anche quelli che hanno impatto estetico nella città — dovrebbero venire messi in un ordine del giorno aperto a tutti e i cittadini che lo credono possono venire a dire la loro in un confronto aperto, una discussione seguita da un «commissario alla bellezza» i cui atti e le cui conclusioni dovrebbero venire trasmessi al sindaco; una procedura consultiva che lo costringerà a motivare la sua decisione; una procedura faticosa ma che rispetta il programma di non passare sulla testa della gente.

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