L’architetto costruisce per l’uomo e per la storia.

Il valore primario del lavoro dell’architetto è quello di essere fondamentale nella definizione dello spazio di vita degli uomini, dei territori e delle città, piccole o grandi che siano. La forma e la funzione di uno spazio influenzano i comportamenti sociali, viceversa questi influenzano il formarsi delle comunità e delle città. Il futuro delle nostre generazioni è legato a come si progettano le città al giusto equilibrio con l’ambiente.

L’architetto è stato sempre colui che ha coniugato l’estetica, le belle arti e la tecnica con l’“attenzione ai bisogni dell’uomo”, interpretando, così, i valori della cultura Umanistica. Sin dai tempi di Vitruvio e Costantino, infatti, si riconosce all’architetto una formazione in equilibrio tra studi umanistici e tecnici: Vitruvio voleva che l'architetto s'intendesse non solo di geometria e di disegno, ma pure di lettere, di storia, di filosofia, di musica, di giurisprudenza e di astrologia.

Si è sviluppata, dopo l’unità d’Italia, durante gli incontri delle diverse associazioni e collegi, l’esigenza di maggiore chiarezza e di riconoscersi in una precisa professione, tutelata da leggi specifiche; questa necessità culminerà nel Congresso di Roma del 1911 dal quale emerge chiaramente il bisogno di riconoscere il titolo di architetto, per due motivi fondamentali: riconoscersi in un valore comune e tutelare i diritti dei destinatari, cioè i cittadini.

Il fermento nato attorno alla discussione del 1911 porterà l’argomento nelle aule della Camera, in cui, nel febbraio del  1923, prenderà il via l’Iter che porterà all’emanazione, il 24 giugno del 1923, della Legge 1395 “Tutela del titolo e dell’esercizio professionale degli Ingegneri e degli Architetti”  e, successivamente, al Regio Decreto 2537 del 1925 che, con la legge del 1923, istituì la professione ordinata, definendo il  funzionamento degli Ordini e del Consiglio Nazionale, l’oggetto e i limiti delle competenze delle due professioni: quelle di architetto (dal 2001 sono state introdotte quelle di pianificatore, paesaggista e conservatore) e di ingegnere.

Questa emanazione fu ispirata dall’ultimo governo liberale prima dell’avvento del Regime che sottopose nel 1926 l’attività degli Ordini  Professionali al potere delle ‘associazioni sindacali’ fino alla loro riabilitazione nel 1945.

Il legislatore non intervenne sulla professione ordinata ribadendo di fatto quanto gli architetti fossero indispensabili nella ricostruzione fisica e sociale e per il miglioramento del Paese dopo il disastro bellico.

«Salute morale, benessere psicologico per gli abitanti... tali da creare ambienti accoglienti e riposanti, dove ogni uomo ritrovi senza fatica la sua casa, col sentire riflessa in essa la propria personalità» era la sfida lanciata ai progettisti di INA CASA nel 1949 riconoscendo alla categoria le competenze tecniche e umanistiche necessarie a risollevare un Paese che in seguito arrivò al boom economico.

Solo cinquant’anni dopo (7 settembre 2005), la direttiva europea n 36 riconosce all’architetto: “la capacità di cogliere i rapporti tra uomo e opere architettoniche e tra opere architettoniche e il loro ambiente, nonché la capacità di cogliere la necessità di adeguare tra  loro opere architettoniche e spazi, in funzione dei bisogni e della misura dell'uomo”.

Ancora oggi la ricchezza del nostro Paese è nel patrimonio storico, artistico architettonico.

 

 

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