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30 dicembre 2015
Luigi Prestinenza Puglisi

 

Come è andato il 2015? Provate a chiederlo a un giovane progettista e vi dirà che è stato un anno pessimo. Fa fatica a trovare lavori che non siano sporadiche pratiche al comune o al catasto. I concorsi di progettazione non si fanno e i pochi banditi sono generalmente sospetti e inaffidabili. Ha provato a trovare occupazione nel pubblico, scuole medie comprese, ma non assumono da anni. Negli studi professionali si lavora a partita IVA per 500 euro. Ha dovuto fare le valigie e trovare occupazione in un paese straniero, diventando l'ennesimo emigrante. Per fortuna che ancora li vogliono gli italiani brava gente perché sono versatili, hanno buon gusto e li si paga a meno.

Il fenomeno, paradossalmente, ha un aspetto positivo. Sta stimolando un numero crescente di studi di progettazione italiani ad attrezzarsi per lavorare all'estero. È di poche settimane fa la notizia che Antonio Citterio Patricia Viel and partners ha aperto una sede a New York e sono sempre di più gli studi, penso per esempio a Exclusiva Design, che si stanno specializzando nel lavorare in Russia, in Cina, negli Emirati Arabi e presto anche in Africa, uno spazio immenso e ricco di opportunità. 

Ecco perché in questa mia classifica dell'architettura del 2015 do il primo posto agli architetti italiani che vanno all'estero, con la valigia di Ikea o di Prada, non importa. In particolare, segnalo il gruppo Barozzi Veiga: uno dei due partner è un italiano che la scelta l'ha fatta da tempo e con il socio spagnolo quest'anno ha vinto l'importante premio Mies van der Rohe con la Sala Filarmonica di Szcecin in Polonia. 

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